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Domande e risposte

Pubblicato gennaio 31, 2014 da labiondaprof

Prendo spunto da una lettera pubblicata su Italians, del Corriere della Sera:

http://italians.corriere.it/2014/01/31/come-spiegare-lolocausto-ai-nostri-ragazzi/

Il lettore, documentato sulla Shoah, si chiede quando iniziare a spiegare alla figlia quanto accadde nella Germania nazista.

Io posso dire che a mia figlia, sei anni, non credo dirò nulla per almeno un altro anno. La vedo ancora piccola, nel suo mondo di Barbie, Principesse e Little Pony. Un mondo rosa, glitterato e scintillante, dove le uniche piccole preoccupazioni sono imparare la filastrocca a memoria per la maestra, non perdere la lezione di ginnastica artistica a causa dei continui raffreddori, imparare i numeri in inglese.

Però a scuola... sì a scuola parlo della deportazione, spiego l’antisemitismo, leggo i versi di Primo Levi, le pagine di Anna Frank, rispolvero persino Guccini (la canzone del bambino nel vento piace sempre, devo dire), riguardo con i miei alunni Train de vie, La rosa bianca.

Insomma, faccio il possibile per raccontare, spiegare, documentare. Poi, non in tutte le classi, non ogni anno, ma quasi ogni anno, arriva la domanda che mi taglia le gambe e il respiro.

Quella, proprio quella di chi ha ascoltato, ha capito quando, dove, come, e quanti morti, e le cause storiche, sociali, politiche… e poi ti pianta gli occhi in faccia e ti chiede “Sì, ma perché?”

E intende “Va bene gli ebrei come caprio espiatorio, e la crisi economica, e la Germania dopo la Prima Guerra, e l’odio sociale, e gli ebrei ricchi… ma perché lo sterminio? Perchè la follia applicata con sistematicità? Perché i bambini? Perché i vecchi? Perchè? A chi doveva portare vantaggio?”

E lì, proprio lì che viene il difficile.

E sarà lì che arriverò con mia figlia. Ma non ora, non ancora.

La Bionda, il Giornalista e la Biondina: Labiondaprof e Beppe Severgnini

Pubblicato settembre 2, 2012 da labiondaprof

Ora lo posso raccontare.

Uno degli incontri più piacevoli di questa lunga estate è stato quello, assolutamente fortuito e fortunato, con il giornalista Beppe Severgnini. Dove? Come? Quando? Perché?

Partiamo ab ovo, dall’inizio insomma.

Leggo Severgnini da molti anni: l’ho scoperto grazie a Montanelli, mio mito del giornalismo (oltre che per i suoi libri sulla Storia d’Italia). Il primo libro che ho letto di Severgnini, durante un’estate al mare nei primi anni Novanta,  si intitolava Inglesi, e mi è piaciuto subito.

Mi piace il suo modo di scrivere, il suo modo di osservare la realtà e presentarla al lettore. Mi piace il fatto che ha vissuto all’estero, ha viaggiato e viaggia molto, ha una mente aperta ma vive ancora nella sua cittadina, Crema. Che tra l’altro conosco bene perché è vicina alla mia cittadina natale, ed è una meta usuale per aperitivi, shopping in centro, gelato in piazza Duomo.

Un provinciale cosmopolita insomma, un lombardo con gli occhi aperti sul Mondo, che non dimentica però da dove arriva. Che ama conoscere e raccontare, che cerca il confronto ma sa bene chi è e quali sono le coordinate della sua vita.

Credo di aver letto quasi tutti i suoi libri. L’ho visto in tv, in varie trasmissioni. L’ho ascoltato a CortinaIncontra, anni fa, e a Bratto pochi anni fa, quando presentava Il manuale del perfetto interista (che possiedo, autografato). L’ho intravisto due o tre volte a Crema, anni fa, quando il figlio era ancora bambino.

Infine, l’ho incontrato. Durante uno degli ultimi giorni di agosto, in un supermercato di Dorga (Passo della Presolana, Bg), dove io trascorro spesso qualche giorno in agosto e lui possiede da anni una casa. Ne ha scritto tante volte: le sue estati da ragazzino, le sue prime volte sugli sci al Monte Pora, le sue vacanze in famiglia.

Comunque, ecco qui com’è andata.

Mi aggiravo placidamente per cercare un rotolone pannocarta per la cucina e ho visto un uomo che cercava la carta stagnola. Lo guardo e penso Ma guarda come assomiglia a Beppe Severgnini. Poi lo guardo meglio e mi dico Massì, è lui.

Così mi esce spontaneo un bel “Buongiorno!” con un sorriso smile. Lui, gentilissimo, mi saluta e io inizio a fargli i complimenti per i suoi libri, gli racconto che l’ho sentito presentare un suo libro qualche estate fa. E poi, senza star troppo a pensarci, gli ho raccontato del mio libro, di come il titolo sia ispirato ad alcuni dei suoi libri, del travagliato percorso che ha portato alla sua pubblicazione. Il tutto mentre La Biondina si aggirava incuriosita, mia mamma la placcava per portarla via e lasciarmi parlare un po’ tranquillamente e altre persone si avvicinavano per salutarlo e fargli i complimenti. Ad un certo punto una signora che non riusciva a ricordare il numero del cellulare  per effetturare la ricarica gli ha chiesto aiuto, forse senza riconoscerlo, e lui, con disponibilità e gentilezza estrema ha armeggiato con il cellulare per dieci minuti buoni, tra schede, chiamate incrociate con il suo per registrate il numero, consigli sulle ricariche etc. Insomma, una persona “famosa” assolutamente priva di spocchia, ma gentile e disponibile. E, per la mia esperienza, sono poche davvero.

Così l’ho salutato con la promessa di scrivere al suo Italians, sul Corriere della Sera, per raccontare qualcosa di più del libro.

Ed ecco qui la lettera, pubblicata:

http://italians.corriere.it/2012/09/02/editori-imperfetti-e-mariti-letterari/

Grazie, Beppe Severgnini, e W la Presolana. E gli incontri inaspettati: cercavo un pannocarta ed ho trovato un giornalista. La chiamano serendipity, vero?